Quando ero piccola, ero molto curiosa e timida. Conservo di allora ricordi vividi, speciali; protezione e calore erano sensazioni frequenti, che s’intrufolavano in ogni cellula del mio corpo, su cui mi abbandonavo.
Mi nascondevo dietro alle gonne della mamma per spiare, invisibile, le persone.
Non potevo distogliere lo sguardo da niente, non riuscivo a non pensare, commentare, classificare.
La più bella donna ch’io ricordi, a tutt’oggi insuperata, era bruna, un po’ tonda; di quelle piene, prosperose, rosse sulle guance, il seno gonfio; sembrava un frutto da succhiare.
Aveva capelli ricci, non molto lunghi, un volto vivo e intelligente che io, a sette anni, fantasticavo potesse appartenere alla Madonna.
Una Madonna accessibile.
Era l’unica, e lo è soprattutto adesso, ad esprimere un’unicità, un primato di autenticità incontestabile, di nobiltà e grazia.
Per questo credo caparbiamente che la bellezza non possa avere la sua taglia; le sue curve abbondanti solleticavano invitanti pensieri, proibiti ma legittimi, che esprimevano le virtù che solo un pezzo unico possiede.
Barbie aveva gambe lunghe, un seno teso e abbondante e la sua pelle non conosceva ingiustizie. Una pelle di plastica, perfetta, immodificabile anche se finta.
Lucia a sedici anni si è rifatta il seno ed ora, d’estate, esibisce, come fosse su una passerella, due rotondità alla cui estremità svettano sfacciati due capezzoli che sono tanto sconci quanto irresistibili.
Una volta ho visto un documentario in cui mostravano attrici del mondo del porno che prima di esibirsi si mettevano il ghiaccio proprio lì.
Non credo che Lucia, a scuola e in piazza faccia altrettanto, ma nel dubbio preferisco proprio non vederla.
Ormai so che i ragazzi, quasi senza accorgersene, guardano sempre lì. Come se lei fosse quello, quei capezzoli a punta: una promessa.
………“Non posso credere che dei corpi finti, dei falsi sorrisi siano diventati un punto di riferimento; la maggior parte delle mie amiche le conosce per nome: è l’era delle letterine e soubrettes varie. Non ci vorrei credere, ma la realtà in cui viviamo è questa e sembra si siano ribaltati i ruoli: la vita è lo specchio della televisione e non più, come sento dire spesso, il contrario”….
Mio padre fa sempre sti discorsi e non vuole mangiare con la tv accesa.
Dice sempre che ai suoi tempi i divi e le dive erano, appunto, paragonabili a divinità.
Paul Newman, Marlon Brando, Sofia Loren; rappresentavano assieme ad un’altra dozzina di nomi una sorta di mito inarrivabile.
Erano creature che vivevano nell’Olimpo, o meglio, nelle colline di Beverly Hills e rappresentavano l’universalità dei canoni di bellezza dell’epoca; più o meno dice così e forse ha ragione.
Io vorrei dirgli di venire a scuola o in piazza.
Di ascoltare, di guardare.
E’ una corsa in cui si perde comunque; c’è sempre qualcuno di più bello, più figo, più ricco, più magro.
Maschi o femmine, non fa differenza.
E se ci sono quelli che sono e hanno un po’ di più, ci sono anche quelli che sono e hanno di meno: io.
Mamma mi capisce, sa che non faccio apposta.
Mamma sa che sto consumando corpo e ragione, e che quest’ossessione ha la dignità di una malattia.
Mamma sa che non mi invento sempre tutto.
Mamma piange con me, nella mia camera e in ospedale. Quando mi lava in vasca mi accarezza dolcemente, per paura di rompermi, dice.
Anche dai dottori mi sento rispettata.
Purtroppo questo non significa che riescano a comprendere e condividere fino in fondo il mio desiderio di non avere imperfezioni, carni flaccide, seni cadenti.
Loro non possono essere dietro ai miei occhi quando mi specchio, e vedere quel che io vedo.
Quando guardo le altre ragazze riesco ad accettare e capire anche le più brutte, le più ridicole.
Il problema lo sento su di me; sul mio corpo, sul mio cuore.
E quando mangio reagisco in modo espulsivo.
Rigetto.
Certe volte riesco a dimenticare come sono e viaggio con i desideri e le voglie. Mi vedo lontana da qui, con gente come me.
Certe volte non riesco a sentire alcun interesse e mi abbandono a questa malinconia. Faccio fatica e non capisco: qual è il segreto che ho dentro e che devo affrontare?
La gente mi fa paura e non mi sento mai all’altezza. Mi dicono sempre che quasi tutti si sentono così e che questo è un problema superabile.
Mi dicono che se continuo così rischio molto.
Il mio fisico indebolito me lo dovrebbe suggerire ma la mia testa comanda al corpo di espellere, di non accettare niente.
Vorrei sparire per diventare ricordo.
Per questo, da quando ho raggiunto i pochi chili che peso, mi nutrono con le flebo.
Ho fatto un patto con me stessa: capirò dal momento stesso in cui sentirò che anche loro accettano e capiscono me.
Ne ho un bisogno da morire.
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